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Attraverso i
cunicoli spazio-temporali (i cosiddetti wormhole) che
collegano due buchi neri si potrebbe teoricamente
raggiungere un altro universo, o un'altra regione dello
spazio tempo. Si potrebbero così raggiungere in un istante
luoghi lontanissimi, o addirittura (forse) viaggiare nel
tempo. Sfortunatamente per i viaggiatori spazio temporali,
però, un wormhole si distruggerebbe appena anche una
particella cercasse di attraversarlo, e ciò ne renderebbe
l'uso praticamente impossibile. |
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Viaggi nello spazio e nel tempo
Lo spazio-tempo che emerge dalla teoria della
relatività di Einstein può addirittura curvarsi, in presenza
di gravità. Che cosa vuol dire questa affermazione? Che la
materia induce una curvatura nella metrica dello spazio-tempo.
Un esempio che si fa comunemente per spiegare questo fenomeno
è il seguente: si può rappresentare la struttura dello spazio
tempo senza materia e senza gravità come un telo elastico teso.
Se, però, poggiassimo una biglia sul telo, vedremmo che il
telo si deforma. Allo stesso modo, in prossimità di una stella
si deforma la struttura dello spazio-tempo.
Nello stesso esempio, oltretutto, la sferetta che piega il
telo genera anche una forza. Se un'altra sferetta più piccola
si trovasse vicino a lei, cadrebbe fino a toccarla. Allo
stesso modo, lo spazio-tempo deformato da una stella genera
una forza: la forza di gravità. Un qualsiasi oggetto che si
trovi in prossimità della stella, infatti, è attratto dalla
sua forza gravitazionale e tende a “cadere” sopra di essa. La
gravità, insomma, nella relatività generale, ha un'origine
geometrica: è un effetto della curvatura dello spazio-tempo
prodotta dalla materia.
Mondi bizzarri
Uno spazio tridimensionale curvo, tra l'altro, si può
rappresentare come uno spazio curvo immerso in uno spazio
“piatto” a quattro dimensioni, mentre uno spazio-tempo curvo
corrisponde a uno spazio quadridimensionale immerso in uno
“spazio piatto” a cinque dimensioni. Tutto ciò non aggiunge
dimensioni alla nostra realtà, ma ci proietta in uno spazio
matematico astratto, fatto di un numero di dimensioni più
elevato, fino a un massimo di cinque.
In uno spazio-tempo siffatto, e in presenza di campi
gravitazionali così intensi da produrre significanti curvature,
si possono ottenere situazioni molto bizzarre. Si possono
concepire distorsioni tali da consentire il viaggio nel
passato; oppure stelle così compatte, come i buchi neri, che
curvano lo spazio fino a produrre una singolarità, cioè un
punto con curvatura infinita come la punta di uno spillo;
oppure cunicoli spazio-temporali (i cosiddetti wormhole) che
collegano punti distanti nello spazio e nel tempo. Oppure,
infine, punti di contatto con altri universi che sarebbero
altrimenti completamente scollegati dal nostro.
Einstein incredulo
La teoria della relatività, in ogni caso, anche se
sconvolge le tradizionali cognizioni di spazio e di tempo, non
introduce veramente dimensioni spaziali aggiuntive negli
schemi teorici. Introduce, al più, il concetto che lo spazio
(e anche lo spazio-tempo) si può curvare.
Nel 1919, però, il fisico Theodor Kaluza (1885-1954) andò
oltre questa visione e cercò di ampliare la teoria della
relatività di Einstein, ipotizzando l'esistenza di una quarta
dimensione spaziale arrotolata su sé stessa. Perché arrivò a
quest'ipotesi? Lo fece nel tentativo di formulare una “teoria
del tutto”, capace cioè di dare una descrizione geometrica a
tutta la realtà, generalizzando perfino la relatività generale
di Einstein (che dà una spiegazione geometrica soltanto alla
gravità).
Dimensioni arrotolate
L'ipotesi di Kaluza era che esistesse una dimensione spaziale
aggiuntiva e invisibile, arrotolata su se stessa, e che la
carica elettrica di un oggetto corrispondesse a vibrazioni
attorno alla dimensione nascosta. La carica dell'elettrone, in
questo contesto, corrisponderebbe alla vibrazione con la
frequenza minima possibile, così come anche una corda di
violino ha una frequenza minima di vibrazione e tutte le altre
frequenze possibili sono multipli della frequenza fondamentale.
Kaluza, che era uno scienziato giovane e poco conosciuto,
inviò i suoi studi ad Albert Einstein affinché questi lo
appoggiasse nella pubblicazione. Einstein, però, ci mise circa
un paio d'anni prima di convincersi ad appoggiare
ufficialmente il lavoro, che fu infine pubblicato.
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