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BUCHI NERI e UNIVERSI PARALLELI
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La convivenza di mondi paralleli, per quanto
suggestiva, è irrilevante dal punto di vista osservativo, almeno che
qualcuno di questi universi non interagisca in qualche modo con il nostro.
Come potremmo accertare se l'universo in cui ci troviamo non sia il
risultato della coalescenza di due mondi inizialmente diversi, oppure
semplicemente che esso sia pericolosamente vicino a un altro? Le
osservazioni astronomiche sono oggi sufficientemente ricche e complesse da
consentire una ricerca atta a riconoscere o meno i segni della coalescenza
di universi bolle o di una loro interazione a distanza; tuttavia l'impatto
interpretativo di queste ipotesi è ancora assai marginale rispetto alle
teorie correnti.
Dalle prime osservazione del moto delle galassie negli ammassi e quindi dai
dati sulle curve di rotazione delle stesse che, dal 1970 hanno polarizzato
l'attenzione degli astronomi, si ha oggi la certezza che il contenuto del
nostro universo sia costituito per quasi il 90 per cento da materia
invisibile, la celebre "materia oscura", che rivela la sua presenza
solo mediante effetti gravitazionali.
Le curve di rotazione delle galassie, cioè il valore della velocità di
rotazione delle loro componenti visibili in funzione della distanza dal
centro, hanno in media un comportamento molto diverso da quello atteso. Esse
infatti non decrescono verso valori piccoli della velocità via via che ci si
allontana dal corpo luminoso della galassia, ma rimangono pressoché
orizzontali, indicando un valore grosso modo costante della velocità fino a
distanze parecchie volte più grandi delle dimensioni visibili delle galassie.
Ciò dimostra che la sorgente di campo gravitazionale non può essere solo la
materia luminosa, perché questa risulta avere una massa molto minore di
quanto non si deduca dalla dinamica dei suoi elementi e, cosa assai più
importante, di quanto sia necessario per assicurare alle galassie la loro
compattezza e stabilità. Le osservazioni astronomiche mostrano quindi la
presenza di un'entità indecifrabile, che accompagna e inviluppa la materia
luminosa di un alone la cui natura e origine sono tuttora fra i problemi
irrisolti della cosmologia moderna.
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Le proposte interpretative sono numerose ed in prevalenza intese ad
attribuire alla materia oscura una natura particellare. Ognuna di queste
ipotesi porta con se implicazioni di tipo osservativo che però finora
appaiono verificate solo parzialmente, impedendo un'interpretazione univoca
e consistente del mondo fisico. Ipotesi di tipo non particellare hanno
contemplato una modificazione della legge newtoniana della gravitazione su
scala galattica, e anche la collisione del nostro universo con uno parallelo,
retto forse da leggi fisiche tali
Il diagramma di Penrose fornisce una rappresentazione globale dello spazio-tempo
di Schwarzchild.
Il moto fisico è consentito solo all'interno dei coni di luce. I due
universi U1 e U2 si sovrappongono solo
nella regione di buco nero, compresa fra l'orizzonte degli eventi e la
singolarità di curvatura. Poiché è possibile muoversi solo rimanendo
all'interno del cono di luce, un astronauta che provenga da U1 e che cada
nel buco nero può incontrare un suo collega preveniente dall'universo
parallelo U2 prima di finire sulla singolarità, da non consentire alla sua
materia di emetter e assorbire radiazione. Le osservazioni mostrano però che
la materia oscura risponde alla stessa legge universale della gravitazione
che regola il nostro mondo in tutte le sue parti, per cui, nell'ipotesi di
collisione con universi differenti, occorre ritenere che questi ultimi
obbediscano alle stesse leggi fisiche del nostro universo. Ciò darebbe a
esso una centralità troppo in contrasto con la completa casualità nella
formazione degli universi-bolle; pertanto la possibilità che il nostro
universo sia il risultato di una collisione è concettualmente remota.
Se il nostro universo, pur non contaminato dal contenuto di uno parallelo, è
tanto vicino a esso da sentirne l'effetto gravitazionale, di nuovo assumendo
che esso generi un tale campo nel suo insieme, allora dovremmo osservare
un'anisotropia su grande scala derivante da deformazioni mareali.
Al momento le osservazioni non consentono do giungere a tale conclusione,
per cui anche l'esistenza di altri universi oltre al nostro rimane solo
un'ipotesi suggestiva. Ciononostante, l'idea che esistano universi paralleli,
di origine e natura differenti, a cui si possa accedere dal nostro o che
influenzino questo tramite connessioni permesse dalla fisica, pare non
soccombere al vaglio della ragione, ma anzi radicarsi tanto più
nell'immaginario scientifico quanto più il panorama del mondo fisico, dal
macrocosmo all'infinitamente piccolo, appare complesso.
Invero quest'idea è resa plausibile dalle equazioni di Einstein. Queste
formano un sistema di dieci equazioni differenziali non lineari del
second'ordine, le cui soluzioni vengono chiamate genericamente "universi".
A seconda delle ipotesi sui termini di sorgente e sulle condizioni al
contorno, le equazioni di Einstein ammettono diverse soluzioni: decidere
quale di queste sia fisicamente accettabile è compito difficile e non privo
di ambiguità. Il criterio di selezione è quello della compatibilità delle
soluzioni con quell'assetto logico che è il costrutto delle leggi fisiche,
le quali per contro impongono rigidi vincoli, giustificati dall'esperienza,
ma anche da convinzioni preconcette. Infatti, gli universi che noi
rigettiamo solo perché non hanno certi requisiti di plausibilità possono
trovare leggitimazione non appena questi requisiti mutano a seguito di nuove
conoscenze.
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Rappresentazione globale del collasso di una stella sferica in un buco
nero di Swarzchild.
Se la singolarità di curvatura (r = 0) è attraversabile, allora è possibile
che l'informazione contenuto nella stella si propaghi in un universo
parallelo o in una zona remota dell'universo di partenza
Questo è il caso del concetto di positività dell'energia. A lungo si è
ritenuto che qualunque campo fisico dovesse soddisfare la condizione che la
pressione non fosse maggiore di un terzo della densità di energia.
Ma, nel 1961, Yaakov B. Zel'dovich trovò un modello di configurazione
quantistica in cui la pressione può essere uguale alla densità di energia;
ciò fece venir meno il vincolo in precedenza imposto alle soluzioni e
assicurò un ampio criterio di plausibilità.
Un'altra condizione fortemente radicata è che in un mondo fisico accettabile
sia sempre soddisfatta la non negatività della densità di flusso di energia
e di momento lungo qualsivoglia direzione spazio-temporale, sia esso di tipo
tempo, cioè percorribile da particelle massicce, sia di tipo luce, ossia
percorribile da ogni forma di radiazione e da particelle senza massa. Più
recentemente si è imposta una nuova condizione, meno restrittiva delle
precedenti, secondo la quale è sufficiente che sia sempre positiva la media
dell'energia di un dato sistema fisico, lungo tutto il corso della sua
evoluzione spazio-temporale.
Tale criterio, introdotto da Frank J. Tipler, richiama un concetto più
generale secondo il quale lo stato di un sistema fisico è fissato dalla sua
storia passata. Gli universi che non soddisfano queste condizioni, pur
esistendo come soluzioni delle equazioni di Einstein, sono ritenuti
fisicamente inaccettabili. Tuttavia anche questi criteri vengono violati in
numerose configurazioni quantistiche, per cui gli universi che contemplano
take violazione possono essere realtà sperimentabili e in grado di
condizionare la nostra visione del mondo.
La caratteristica più innovativa della teoria di Einstein è di ammettere
soluzioni corrispondenti a geometrie non elementari, come quelle che
descrivono spazi-tempo dotato di cunicoli (detti in inglese wormhole),
vioè di strutture a geometria non semplicemente connessa che formano ponti
fra regioni diverse dello stesso universo o fra universi distinti.
La più celebre di queste soluzioni è quella di Swarzschild.
Essa descrive due universi isometrici, asintoticamente piatti e vuoti
eccetto per la presenza della sorgente, che è in questo caso una stella
sferica non rotante ed elettricamente neutra. E' noto che se una stella ha
una massa tento grande da generare, nel corso della sua evoluzione, un
nucleo di massa superiore a circa 3,7 volte quella del Sole, allora è molto
probabile che esso collassi sotto il proprio peso, senza che alcuna forza
possa opporvisi. Quando ciò accade, il destino ultimo del nucleo è una
concentrazione infinita di materia in un volume nullo, questo è uno stato
classicamente non descrivibile in termini fisici e che chiamiamo singolarità
di curvatura.
Quando la stella è ridotta a un punto, i due universi appaiono connessi da
un cunicolo (spaziale) la cui massima restrizione è nota come "gola di
Einstein-Rosen".
Questa struttura topologica si evidenzia studiando l'immersione di una
qualunque sezione dello spazio-tempo di Swarzschild, caratterizzata da un
valore costante della coordinata tempo, in uno spazio euclideo. A dispetto
della suggestione della rappresentazione, il cunicolo non è attraversabile
perché è astruito dalla sorgente puntiforme.
Sebbene non siano direttamente connettibili, nel senso che un osservatore
non può passare da uno all'altro, i due universi sono assolutamente identici,
e scegliere di essere noi in uno o nell'altro è totalmente arbitrario. Nel
caso in esame, la deformazione dello spazio-tempo conseguente al collasso
della stella causa l'instaurarsi, sulla gola di Einstein-Rosen, di una
superficie di non ritorno, "l'orizzonte degli eventi", che impedisce a
qualunque segnale di uscire dal suo interno. Si ha cioè la formazione di un
buco nero.
Già al suo ingresso, un buco nero genera deformazioni mareali tali da
distruggere un corpo umano, a meno che non si considerino buchi neri
giganteschi, da diecimila masse solari in su. Tuttavia, pur sopravvivendo
all'azione distruttrice di un buco nero, qualsiasi cosa attraversi
l'orizzonte degli eventi - un astronauta, una particella elementare o un
raggio di luce - cessa di esistere sulla singolarità. Nondimeno, nel breve
intervallo di tempo che precede l'impatto con la singolarità, l'oggetto in
esame può scambiare informazioni, e quindi interagire casualmente con entità
simili provenienti dall'universo parallelo che si cela al di là della gola
di Einstein-Rosen e costrette anch'esse a finire sulla singolarità. Questo
esempio di interazione fra universi paralleli, perfettamente plausibile dal
punto di vista fisico, rimane non sperimentabile e pertanto ininfluente
sulla "vita" degli universi esterni, a meno che la singolarità di curvatura
non sia attraversabile e che da essa si possa tornare negli universi di
partenza.
Le equazioni di Einstein forniscono soluzioni che prefigurano proprio questo
tipo raccordo fra universi distinti o fra parti lontane di uno stesso
universo, purché si superi l'ostacolo della singolarità. Un'appropriata
descrizione di quest'ultima è relegata a una teoria quantistica della
gravitazione e quindi a una trattazione in tal senso della geometria.
Poiché la formazione di una singolarità di curvatura, come risultato del
collasso gravitazionale, è una conseguenza inevitabile delle condizioni di
positività dell'energia già menzionate, potendo queste ultime essere violate
in un contesto quantistico le singolarità classiche diventano strutture
quantistiche "non singolari" della geometria.
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Perciò la violazione delle condizioni di
positività dell'energia permette l'esistenza di cunicoli spazio-temporali
attraversabili e tali da connettere universi paralleli. Tale circostanza,
offrirebbe una soluzione del paradosso della perdita dell'informazione
conseguente al fenomeno dell'evaporazione dei buchi neri. Sulla base di
un'idea di J.D. Bekenstein, Stephen Hawking ha potuto dimostrare che un buco
nero, a dispetto della sua stessa definizione, è sorgente di un'emissione
termica di particelle che con il tempo riduce la massa, e quindi le
dimensioni, del buco nero fino alla sua scomparsa. Il carattere termico
della radiazione fa si che l'informazione, inizialmente codificata nelle
proprietà geometriche del buco nero, alla fine si perda violando il
principio fondamentale della sua conservazione.
Poiché la singolarità al centro del buco nero è, dal punto di vista
quantistico, un tunnel che, come già detto, può portare in punti diversi del
nostro universo o in un altro a esso parallelo, alla fine dell'evaporazione
è lecito supporre che non vi sia stata una perdita di informazioni, bensì
solo una sua dispersione nell'altro universo - o nel nostro stesso ma
altrove - secondo modalità ancora non note. Indubbiamente, questa visione
della realtà microscopica è molto stimolante e ricca di implicazioni.
La più ovvia è che la geometria di base del nostro universo sia corrotta a
scale molto piccole, specificamente alla scala di Planck (10^-33 cm), in una
struttura molteplicemente connessa caratterizzata da un intrico di cunicoli
che collegano, porzioni diverse dello stesso universo oppure universi
paralleli.
Ciò è dovuto alla presenza di fluttuazioni quantistiche di materia-energia
che a questa scala sono di grandissima intensità e pertanto in grado di
alterare la geometria secondo le equazioni di Einstein, formando cunicoli
attraversabili.
Lo spazio-tempo a queste scale acquista struttura "spugnosa", in cui
l'informazione, comunque definita, si diffonde nel nostro universo o in
altri, e viceversa, attraverso questi cunicoli, quasi fossero capillari nel
tessuto strutturale del mondo fisico.
Può dunque il collasso gravitazionale far si che la materia che una volta
era una stella sia ridotta, alla fine, a pura geometria, e che il suo stato
finale sia la dissoluzione del contenuto informativo nell'intrico
quantistico di cunicoli attraverso i quali esso si ridistribuisce altrove
nel nostro universo, o in qualche universo parallelo al nostro?
Può essere che, per lo stesso motivo, noi riceviamo da universi paralleli o
da regioni distanti del nostro universo informazioni e stimoli di cui ancora
non abbiamo coscienza ?
Testo tratto da: "Le Scienze" n. 348, agosto 1997
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